Un Coro fuori dal Coro
La storia del Coro del Concilio è la storia di una generazione di ragazzi proiettati dai banchi della scuola elementare in un mondo musicale pressoché sconosciuto agli specialisti e da loro invece portato all’onore dell’arte. Il Coro nasce a Trento, una delle tappe più ricche nelle ricerche musicologiche di Laurence Feininger, che qui rincorre il sogno di fondare il più grande e il più bravo Coro del mondo in grado di riportare in vita i valori immensi della scuola policorale romana.
E’ il tardo autunno del 1949 quando cominciano le prove della messa Tu es Petrus di Orazio Benevoli (1605- 1672), un nome fino a quel momento dimenticato ma che Feininger amerà poi accostare al Bernini nella spazialità infinita del Barocco. In un impianto colossale di 16 voci, i quattro cori della Tu es Petrus hanno una vita armonica indipendente, ma il tutto trova poi la sintesi in un’architettura finale di grandissimo effetto. Ad affiancare le voci bianche (90 soprani e 67 contralti selezionati nelle elementari di Trento) ci sono le voci adulte (tenori e bassi) che provengono dai cori parrocchiali cittadini. L’esordio storico, dopo quattro concerti a Trento nel giugno 1950, avviene in novembre a Roma. La città sta vivendo i giorni dell’Anno Santo e le quattro esecuzioni concentrate in due giornate e culminate nel lunghissimo applauso a S. Pietro, mostrano al mondo ufficiale della musica il miracolo di un coro di dilettanti in grado di “affrontare con padronanza complesse architetture polifoniche anche nei punti più dinamici e travolgenti”.
A margine degli elogi, si apre però subito il dibattito sul timbro vocale, singolo e complessivo, certamente lontano dalla tradizione della scuola romana, il cosiddetto tono “corale”, come qualche critica vorrebbe, mentre il Coro del Concilio si impone per un canto “senza nessun altra espressione se non la bellezza naturale delle voci”, in altre parole un canto non educato, come sostiene la scuola di Feininger. Ma non fu questo l’unico interrogativo che agitò quei primi momenti. Le voci bianche sono affidate alla guida di giovani maestre, insegnanti di canto o musiciste, di sostegno nelle esecuzioni pubbliche che, quando non avvengono in sedi laiche, contrastano con il veto della Chiesa sul canto femminile nelle celebrazioni liturgiche, come dice il Motu proprio, documento di indirizzo sulla musica sacra nelle chiese. Il problema fu superato da un intervento dell’arcivescovo di Trento, che mise fine alla disputa tra Feininger e la Sacra Congregazione dei riti.
Tappa importante nella vita del Coro è il 7 gennaio 1956 quando, davanti al notaio, nasce ufficialmente la Associazione Coro del Concilio, associazione corale apolitica con uno statuto che pone in primo piano l’insegnamento della musica corale e promuove la diffusione della polifonia classica, in modo particolare quella di ascolto raro perché di difficile esecuzione. L’atto notarile non fa che sancire un modello di vita che il Coro ha già ampiamente coltivato fin dai primi giorni. Si organizza con corsi estivi il lavoro didattico in paesi del Trentino o sulle spiagge di Pesaro e Caorle (negli anni della maturità riuscirà a realizzare una sede propria per le vacanze estive), stampa notiziari in ciclostile (Voci bianche, Voci bianche e no, Vox cantantium) sui quali si dibattono problemi tecnici, musicali, organizzativi, si programmano nuovi repertori, concerti, si fa strada l’idea di un disco, all’epoca LP a 33 giri. Le prime registrazioni portano le date dell’esordio, come quella a Radio olandese di Hilversun, a margine di una serie di concerti in Germania nel 1952.
Nel 1954 il Coro entra nella Federazione internazionale Pueri Cantores, un’organizzazione che conta un migliaio di cori con ventimila cantori (2.500 sono quelli italiani distribuiti in una cinquantina di cori) e nel 1956 partecipa al Congresso mondiale a Parigi, che ospita a Notre Dame 6.500 ragazzi.
Nato nel nome di Orazio Benevoli, il Coro allarga via via l’orizzonte ad altri protagonisti di quei secoli musicali, pensa a Ottavio Pitoni, a Vincenzo Tozzi, a Giovanni Giorgi, al quale sarà dedicato l’ultimo del 122 concerti del Coro, era il luglio 1969, nel Duomo di Salisburgo. Poi la vita del Coro si affievolisce e si spegne, fino a morire per consunzione nel 1971. Cancellato il rito latino – come ricorda Danilo Curti-Feininger – espulso dalle chiese che non accettavano più la lingua e il linguaggio rituale tridentino, sono state zittite anche le voci bianche.
Furono vent’anni di euforia artistica e umana offerta a una generazione appena uscita dalla guerra, ragazzini e giovani che don Lorenzo Feininger ebbe il merito di unire intorno al fuoco di un entusiasmo fatto di studio, di aperture d’orizzonti, di svago da vivere in libertà, con l’unica guida dei grandi valori non imposti ma respirati in un clima di reciproca fiducia. Furono venti lunghi anni volati via e alla fine esauriti sotto la spinta invitabile del cambiamento dei tempi e delle situazioni. Ma in chi li ha vissuti, quegli anni vivono ancora alimentando capacità d’impegno e di sensibilità.